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Avete presente il Re?
Non indossa corona d'oro,
ma ha la cravatta d'acciaio
e siede su tronchi di carta moneta.
Parla di democrazia
con la bocca piena di leggi scritte dai suoi consiglieri,
mentre decidete del vostro pane
con la freddezza di chi conta solo profitti.
Il suo esercito?
Sindaci, manager, giornalisti obbedienti
e un corteo di promesse mai mantenute.
La sua ricchezza?
Non è nei palazzi, ma nei nostri silenzi
e nelle tasse che paghiamo per tenerlo in piedi.
Ma cosa succederebbe
se dimostriamo che la sua testa
non è più un trono inviolabile?
Se prendiamo in mano
la cesoia dell’indignazione
e recidiamo quel capriccio di potere?
Immagina un giorno
in cui ogni cittadino si leva in piedi,
non per eleggere un nuovo scettro,
ma per spezzare la catena
di un privilegio ormai stanzio.
“Taglia la testa al Re”
è un gesto simbolico
per liberare la dignità smarrita,
riportare la sovranità
da quelle stanze silenziose
al cuore pulsante della piazza.
Non servire il sangue,
basta la verità urlata in coro:
“Siamo noi il potere!”
“Siamo noi la voce che conta!”
E quando il Re cadrà,
non ne eleggeremo un altro simile,
ma scopriremo che il potere
vive in ciascuno di noi:
nella decisione di richiedere giustizia,
nella scelta di rompere il silenzio,
nell'impegno quotidiano di restituzione del valore
al diritto di essere ascoltati.
“Taglia la testa al Re”
non è vendetta,
ma rinascita.
È il taglio netto
che separa il potere dall’arbitrio,
e ci restituisce la nostra corona
fatta di scelte collettive
e responsabilità condivisa.
E allora, prendete la cesoia,
ritagliate l'ingiustizia,
e con un gesto solo
ricostruire un mondo
in cui ogni testa sia libera
di guardare dritto negli occhi il proprio destino.