La Vita
Poesia di Luca Bocaletto
Sapete com'è la vita, davvero?
Inizia con un fondo senza spettatori: il Big Bang.
Polvere di stelle che danza, galassie che germogliano
mentre l'universo impara a respirare.
Poi, in quel mare primordiale, si confronta un frammento vivente:
una cellula sola, minuscola, impavida.
Si divide, moltiplica, conquista il pianeta
senza fretta, col ritmo antico della sopravvivenza.
Arrivano alghe verdi, piante che respirano cieli nuovi,
i mari si popolano di creature dal guscio duro,
i dinosauri dominano per milioni di anni
fino alla loro caduta, come un sipario che si chiude.
Lentamente, il sipario si riapre:
mammiferi curiosi, primati scaltri,
scimmie che imparano l’uso di pietre e bastoni,
con la scintilla del pensiero già accesa nel cervello.
E poi noi: Homo sapiens, orgogliosi di un’intelligenza grande come il cosmo,
capaci di coltivare campi, forgiare metalli, scrivere poesie
sospese fra l'amore e la paura dell'infinito.
Costruiamo città, ponti, astronavi, teorie sull’origine del tutto.
Ma quando nasciamo, dimentichiamo subito il nostro lignaggio stellare.
Prima lacrima: freddo ospedale.
Primo sorriso: il latte.
E poi… scatti in un tritacarne di turni, buste paga,
bollette da saldare, tasse da dichiarare.
Ci insegnano a misurare il tempo in ore di lavoro,
a contare i giorni in cadenze,
a misurare il valore di un’idea
con il tornaconto economico che ne può scaturire.
Abbiamo creato macchine per sollevarci dal peso dei compiti,
e poi ci siamo ritrovati schiavi dei ritmi che abbiamo inventato.
Svegliarsi all’alba per prendere un caffè,
correre dietro a mail e appuntamenti come fossero preghiere.
Intanto, la memoria di quell’unica cellula originaria
è sepolta sotto montagne di pratiche amministrative.
Quel lento battito che moltiplicava la vita
è diventato un eco lontano, una favola didattica.
Eppure, dentro ognuno di noi, c’è ancora un frammento di infinito:
la curiosità che ci porta a guardare le stelle,
il desiderio di creare un gesto che dura più di un saldo cliente,
la nostalgia di un silenzio che precede il primo respiro.
Chiudiamo gli occhi e lo sentiamo:
il battito di un tempo primordiale,
la carezza di un’era in cui l’unica tassa era il sole,
e la ricchezza si misurava in respiro e luce.
Può sembrare un sogno lontano, ma non lo è.
Basta un passo indietro dalla scrivania,
un gesto di sbracciare il cielo,
un momento in cui chiedersi: “Perché corro?”
Non servire per rifiutare il progresso,
ma ricordare da dove veniamo
per decidere dove andare.
Possiamo misurare il successo in sorrisi, non solo in conti.
Perché la vita è cominciata con una danza cosmica,
e merita di finire con un inchino alla meraviglia.
Anche se, per un attimo, spegniamo l'orologio
e ascoltiamo il battito segreto che ci ha creati.