Il Ponte di Nerone… due parole da kolossal, un sogno da 13,5 miliardi,
un’opera titanica affidata a un palcoscenico di multinazionali e holding,
ma finora ridotta a una passerella di slide e comunicati stampa.
Da una parte c’è Nerone, padrone delle tempeste mediatiche,
che promette cantieri “entro luglio” e sei corsie “da Messina a Reggio in pochi minuti”.
Dall’altra c’è il Consorzio Stretto di Messina:
Webuild (Salini Impregilo/EUROLINK 45 %), Sacyr, IHI e il Gruppo Sorgente,
con i progetti ereditati da Condotte Costruzioni.
Insieme dovrebbero trasformare il Tirreno in Adriatico senza bagnarsi i piedi.
“CIPESS approverà tutto entro giugno!”, tuona Nerone.
Peccato che quel Comitato – necessario per sbloccare i 13,532 miliardi
stanziati nella Legge di Bilancio 2025 – non abbia ancora messo il timbro.
Intanto, l’Agenzia del Demanio valuta vincoli ambientali,
i geologi misurano faglie e correnti, e i droni sorvolano…
ma senza un solo ponte sotto.
L’Europa osserva da Bruxelles con un sopracciglio alzato:
“State seguendo le nostre direttive?”
Nerone risponde con slide in PowerPoint, tecnicolor e il solito
“fidatevi, andrà tutto bene”.
Ma l’Unione pretende studi d’impatto, gare trasparenti,
cronoprogrammi realistici. Alla prima revisione,
il progetto slitta: “Estate 2025”, “Inizio 2026”, “Cantiere aperto 2027”…
un calendario più elastico della pelle di un imperatore.
Sul fronte politico, Nerone sventola l’alleanza “Sud-centrica”,
ma i sindaci siciliani si chiedono se arriveranno davvero ferrovie, strade, stazioni.
Intanto i bandi scadono, i contributi restano bloccati,
e i cittadini spostano rabbia e speranza da un ufficio all’altro.
I pendolari con l’abbonamento ridono amaramente:
“Volevano ridurre i nostri tempi di viaggio,
invece hanno allungato le penderie burocratiche.”
Le famiglie?
Hanno promesso “ticket ponte” gratuiti,
poi è spuntato un pedaggio da capogiro.
Il Ministero dell’Ambiente ha messo su carta
180 pagine di autorizzazione, poi si è fermato in commissione,
mentre la manutenzione delle arterie esistenti langue.
Gli ingegneri italiani, acclamati come eccellenza globale,
passano dal cantiere vero ai capannoni vuoti,
dipingendo su modelli 3D ponti sospesi nel nulla.
La startup “Anticorruzione & Co.” garantisce “massima trasparenza”,
ma bilanci e gare restano criptati e riservati.
Alla fine, Nerone si ritrova sotto un murale:
un ponte incompiuto, una gru arrugginita, un popolo in attesa.
Dalle piazze si leva un coro di fischi:
non per la caduta dei giganti, ma per il tonfo delle promesse.
Spettatori, fate silenzio. Non applaudite.
Chiedete un fischio così forte da spazzare via l’ultimo tweet celebrativo.
Pretendete date certe, cronoprogrammi ineludibili,
firme sui contratti, pietre vere posate sullo Stretto.
Il Ponte di Nerone non ha bisogno di eroi solitari,
ma di ingegneri, tecnici, imprese responsabili
e di una politica che non confonda l’hashtag con la prima pietra.
Buonanotte, Ponte di Nerone…
domani vogliamo svegliarci su un’opera che stia davvero in piedi.