Scandali dei diplomifici: la merce-formazione in vendita
Monologo satirico di Luca Bocaletto
In Italia sono stati scoperti almeno 11 “istituti” privati sotto inchiesta per aver mercificato l’istruzione: offrono lauree e abilitazioni senza esami, con procedure lampo e costi da capogiro, attirando migliaia di studenti illusi da un titolo facile. In dieci anni l’iscrizione a queste strutture è cresciuta del 410 %, raggiungendo oltre 224.000 “allievi”, mentre il rapporto tra docenti e studenti schizza a 1 : 385 (contro 1 : 28 nelle università vere), dimostrando che qui il valore del sapere è stato sostituito dal dio denaro.
Alcuni istituti, iscritti solo di nome al registro universitario, hanno cambiato ragione sociale e copiato denominazioni di atenei riconosciuti, pur non avendo alcuna autorizzazione valida. Le procure territoriali hanno raccolto esposti contro corsi che rilasciano titoli abilitanti in meno di un mese, senza test d’ingresso né prove finali, venduti a 5–7.500 € a pacchetto. Mentre il Ministero dell’Università li definisce “atenei truffa”, centinaia di laureati-acrobati sfoggiano titoli nulli per insegnare o esercitare professioni, erodendo la credibilità dell’intero sistema formativo italiano.
In Sicilia, 20 scuole paritarie private “diplomificio” sono state passate al setaccio dagli ispettori regionali: su 45 corsi, 40 presentavano irregolarità così gravi da far revocare l’accreditamento a quattro di essi e avviare provvedimenti su altri venti. Le iscrizioni di comodo, i verbali manipolati, le commissioni fantasma hanno mostrato come un intero territorio venisse trasformato in una catena di montaggio di diplomi spazzatura.
In Campania e in Calabria, un’inchiesta della Guardia di Finanza di Treviso ha denunciato 101 persone – candidati e docenti – accusati di aver conseguito titoli falsi per entrare nel personale ATA, causando un danno erariale stimato in 2 milioni di euro. Decine di diplomi rilasciati da istituti privi di parità scolastica, firme contraffatte e numeri di registro duplicati hanno certificato un vero e proprio mercato nero dei titoli di studio.
In Abruzzo, un istituto paritario di Chieti-Pescara è finito sotto inchiesta dopo aver rilasciato licenze professionali senza alcuna formazione effettiva. Secondo le prime verifiche della Procura locale:
- Lo “Istituto Professionale Abruzzese” avrebbe emesso attestati per “Tecnico degli apparati elettronici” e “Operatore socio-sanitario” in tempi record (meno di un mese), senza ore di lezione né prove pratiche.
- Oltre 150 titoli sono stati sequestrati: studenti convinti di avere un’abilitazione utile per il lavoro si sono ritrovati con documenti nulli e senza alcuna competenza riconosciuta.
- Le iscrizioni “all inclusive”, con rette da 4.000–6.000 € a ciclo, venivano pubblicizzate attraverso spot su social e volantini distribuiti nei centri per l’impiego.
Dietro l’operazione c’era una rete di cooperative e agenzie interinali che promettevano sbocchi occupazionali immediati, sfruttando la disperazione giovanile e la scarsa vigilanza amministrativa. Il danno stimato alle casse regionali supera i 500 mila euro in contributi erogati e buoni lavoro non onorati.
Questa vicenda è l’ennesima dimostrazione di come la privatizzazione dell’istruzione – senza controlli reali né sanzioni efficaci – possa trasformare un diritto costituzionale in una falsa merce. Serve un intervento urgente:
1. Revisione di tutti gli accreditamenti paritari in Abruzzo, con ispezioni a tappeto.
2. Annullamento e ritiro immediato di ogni titolo irregolare.
3. Sanzioni penali e amministrative per i dirigenti responsabili.
4. Rafforzamento degli organi di vigilanza regionale per bloccare sul nascere nuovi “diplomifici”.
È ora di inchiodare al muro chi ha trasformato l’istruzione in un bancomat: magistrati, ministeri compiacenti, dirigenti di queste strutture e gli enti di accredito che hanno chiuso un occhio. Serve una verifica immediata di ogni diploma rilasciato, lo scioglimento delle scuole non conformi e sanzioni esemplari per restituire credibilità a un diritto costituzionale che è stato umiliato dalla truffa.
“Ah, le scuole private: là dove il merito diventa un optional e il pedigree conta più dei voti. Grazie a reticoli di raccomandazioni e rette stellari, anche i ‘figli-capra’ del ceto medio-alto ottengono onoreficenze e attestati luccicanti, pronti a trasformarsi in un lasciapassare per poltrone riscaldate e incarichi da famigliare. È il paradosso della meritocrazia self-service: paghi, sorridi al preside e, boom, ti ritrovi nell’ufficio che avresti meritato solo con il sudore. Solo che qui il sudore è quello dei contribuenti, mentre i neodiplomati ‘eccellenti’ scaldano sedie a vita.